Torno a scrivere sul blog con un post diverso dal solito, sulla scia di quello dedicato al caso Trumod.
Mi sembrava giusto riprendere in mano la situazione facendo polemica, così poi ho la scusa per tirarmi/ci su il morale parlando di imbellettamenti vari, come di consueto.
Avviso chi non mi conosce che probabilmente sicuramente utilizzerò un linguaggio non proprio pacato e non proprio pulito perché, onestamente, sto incazzata nera.
Partendo dal principio, saprete tutti che qualche tempo fa c’è stato letteralmente l’assalto alla piattaforma Hermes perché “Netflix cerca traduttori per film e serie tv, accorrete numerosi!“. Più o meno così.
Io sono stata informata tramite e-mail, probabilmente perché avevo partecipato al famoso test anche l’anno scorso – e ovviamente non sono stata presa, se mai vi fosse sorta la domanda.
Dopo un anno abbondante [ormai due] di sottotitolaggio, impari a capire varie cose, fra cui:
– come rendere certe frasi e certi modi di dire
– come sintetizzare i concetti
– come aggiustare acronimi per dargli un senso anche nella tua lingua
– come inventare incantesimi e canzoni in rima di sana pianta (e di fantasia ce ne vuole assai)
– come usare la punteggiatura (anche se ammetto di avere ancora dei problemi in merito, a volte)
– come formattare i sottotitoli
e tante altre bellissime cose.
Un elenco immenso di piccole accortezze che fanno la qualità dei sottotitoli che il pubblico andrà poi a leggere.
Tempo fa, ho partecipato di nuovo al test per Netflix, con gran poche aspettative.
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Quattro parti di domande a risposta multipla, più due parti a video, queste ultime da tradurre e sottotitolare con testo a fronte.
Non era un test particolarmente complesso e non sono l’unica a dirlo, per cui è assodato che non ho manie di grandezza.
Abbiamo riscontrato delle incongruenze, come ad esempio domande a risposta multipla con più risposte corrette – ai fini della valutazione cambia qualcosa? Si viene penalizzati? Sembrano domande sciocche, magari lo sono davvero, ma uno se le fa.
Il risultato finale del test, quello che determina o meno la “promozione”, era espresso in percentuale. A quanto pare, con meno del 90% di risposte corrette, non passi. E non sai neanche il motivo per cui non passi, perché non te lo spiegano. Va bene che eravamo tantissimi, ma così non sapremo mai cosa c’è che non va.
Senza contare che, stando alle voci, sarebbero state valutate solo le domande chiuse, non la parte a video. Quindi cosa ho perso tempo a fare? È tutto un grande MAH.
Il mio 84% e spiccioli non sarà scarso, ma non era sufficiente. Anche altri colleghi che lavorano stabilmente come traduttori hanno ottenuto risultati inaspettati. Qualcuno, poi, il test l’ha superato… e sta ancora aspettando la fantomatica telefonata.
Insomma, una volta che la mia autostima è finita nel cesso e ho tirato lo sciacquone, cosa è successo?
Sono entrata su Netflix e mi sono ritrovata traduzioni irripetibili. Quelle dal latino, poi, non vi dico… La prossima volta mandatemi un virus dentro al pc che soffro meno.
Se è vero che questi traduttori sono pagati fior di quattrini – e trovate quanto se fate due ricerchine sul web, mi domando la correttezza dove sta. È colpa dei tempi serrati? Dei revisori madrelingua che magari non sono fluentissimi in italiano? Saranno scelte stilistiche e lessicali (opinabili)? BOH. Io ipotizzo.
Fra un’incazzatura e l’altra, è andata in onda un’altra puntata di Better Call Saul, quindi la mia metà ottimista ha deciso di controllare di nuovo i sottotitoli, nella speranza di doversi ricredere. E invece…
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Ora, non è che io sia una fenomena, figuriamoci. Però quando anche persone estranee a questo settore ti dicono di essersi accorte di questo e quell’altro errore…
Sicuramente non mi sono attirata le simpatie di nessuno, con questo breve articolo. Non diventerò mai la traduttrice ufficiale di qualche best seller conosciuto a livello mondiale. O di qualche serie tv che seguo con entusiasmo. Ma ho sparso la voce, a qualcosa servirà pure.