Dietro lo Specchio: hobby, numeri e quella sottile linea tra passione e marketing

Quando ho iniziato a scrivere la serie “Dietro lo Specchio” non volevo fare la rivoluzionaria, né cercavo lo scandalo: volevo solo capire. Capire cosa c’è dietro ai riflettori del beauty e del lifestyle, dietro alle foto perfette e ai video che sembrano girati da una troupe hollywoodiana. E, l’abbiamo capito, c’è molto più marketing di quanto sembri, ma anche molte più sfumature umane di quanto si creda.

La questione non è tanto demonizzare gli influencer, quanto smettere di guardarli come se vivessero su un altro pianeta. Sono persone che lavorano, certo. Alcuni sono onesti, creativi, brillanti. Altri… un po’ meno. Ma la faccenda è più complessa di “bravo vs cattivo”: è il sistema ad avere regole strane, invisibili, che condizionano tutto e tutti. E in quel tutto ci sono anch’io, che da anni creo contenuti senza però mai diventare “influencer” in senso stretto.

 

Hobby o professione?

Non sono mai diventata famosa né vorrei mai esserlo. Non ho sponsor che mi coprono d’oro né pacchi PR che mi arrivano ogni giorno. Eppure, il tempo che dedico a LadyHela non è certo quello che si dedica a un passatempo qualunque. È una via di mezzo scomoda: abbastanza impegnativa da sembrare lavoro, abbastanza invisibile da restare hobby.

Non ti nascondo che a volte ci ho sperato nel “colpo di algoritmo”, nella collaborazione giusta, nel miracolo di un post virale. Ma le cose sono andate diversamente. È stato più un investimento a fondo perduto che un piano d’impresa. E sai una cosa? Ci ho messo anni, ma oggi va bene così. Cioè, potrei stare meglio, ma con le regole del gioco attuali non sono sicura che vorrei davvero partecipare.

Un sistema che premia chi è già dentro

Nel frattempo il panorama è cambiato. Se prima bastava essere creativi, adesso servono strategie, agganci, visibilità pregressa, una certa immagine. E spesso, una certa omologazione. Chi parte oggi ha già imparato che bisogna mostrarsi sempre impeccabili, seguire i trend, evitare qualsiasi opinione “spigolosa” e, a volte, fare gli stupidi scimmiottando atteggiamenti. È il prezzo da pagare per entrare nel giro. E io, che non sono capacissima di mordermi la lingua, resto a osservare un sistema che forse non mi vuole, o forse semplicemente non mi vede.

Non sono vittima, sono fuori target

Attenzione, non voglio la pietà di nessuno, né mi interessa fare la parte della povera esclusa. Sono consapevole: a volte non ho dato il massimo, ho lasciato indietro contenuti potenzialmente forti per stanchezza o insicurezza, ho scelto la coerenza invece dell’opportunità. Ma ho anche costruito uno spazio che mi rispecchia, dove posso parlare come voglio, quando voglio. E questo, in un mondo dove tutto è filtrato, programmato e monetizzato, è un piccolo lusso che voglio continuare a permettermi.

Certo, se domani mi arrivasse una proposta interessante non la brucerei per principio. Ma tra prodotti imposti, caption pre-approvate e percentuali da dividere, mi chiedo: sarebbe ancora “mio”, quel contenuto? O finirei a far parte di quella cerchia di persone che tanto critico?

Alla fine dei conti

Quello che conta davvero non sono i numeri – anche se servirebbero. Non è neanche la fama, che dura un attimo. È l’impatto. Magari su poche persone, ma vero. Quello che spero è di lasciare qualcosa che non sia solo una wishlist o una gallery esteticamente coerente. Magari una riflessione, un sorriso, o semplicemente un’alternativa al solito copione.
Se poi, tra una riflessione e un sorriso, qualcuno decidesse anche di usare un mio link affiliato, non cambierebbe la storia del web, ma almeno mi ci ripagherei il mascara (forse).

E sì, continuo a creare senza sapere se qualcuno vedrà. Ma lo faccio perché mi va, perché mi racconta, e perché forse – anche senza vantaggi, sponsorizzazioni o pacchi regalo – questo spazio ha già un valore. Anche se, ogni tanto, guardando certe collaborazioni, un po’ di invidia mi scappa. Ma fa parte del gioco, no?

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