Odi et Amabile, una poesia di Hela.

Scherzo, nessuna poesia, non sono capace.
Volevo solo introdurre il brand sul mio sito, anche se immagino che in moltissimi lo conoscano già, e dire la mia.
💍 DISCLAIMER 💍
Non odio nessuno, e gradirei non ricevere odio gratuito.
Il fatto che non sia tenera nell’esprimere i miei pareri personali
non significa che stia cercando uno scontro.
Non sono un’imprenditrice e non ho studiato economia.
Non è mai mia intenzione insultare o offendere le persone.
Di Martina invidio, in modo decisamente positivo, le seguenti cose:
la lip combo che usa sempre, i soldi, e la spensieratezza.
Non sono qui per fare sviolinate, per farmi assumere/pagare/notare – anche perché,
se quello che traspare dal team sui social è vero, c’è una bella incompatibilità tra noi.
Io sono una persona ottimista, anche troppo, ma mi piace stare per conto mio, non sono così frizzante, non voglio sentire le persone felici H24 e, soprattutto, rendo meglio quando il resto del mondo dorme.
In ogni caso, sono troppo vecchia per loro. Insomma, da brava anziana rompo le scatole.
Chi è Amabile?
La risposta a questa domanda la trovi qui sotto ed è quella che compariva prima che il brand trasferisse e aggiornasse il sito.

Tu hai capito? Ti sei fatto un’idea? Io mica tanto.
Leggo solo che Martina è Amabile, fine.
Mi piacerebbe capire meglio quali sono i valori che guidano davvero il brand. Al di là del fatto che Amabile sia nato dal sogno di Martina e che sforni collezioni a ritmo costante, cosa c’è sotto? Qual è l’anima del progetto?
Cosa rende Amabile diverso da mille altri marchi che vendono gioielli graziosi con nomi evocativi e un’estetica social? C’è una missione, un messaggio, una filosofia che vada oltre il “rendere tutto unico” o il “farti sentire speciale”?
Sarà che io sono curiosa per natura, ma ci sono troppe domande a cui non trovo risposta. Il sito è ben curato, chiaro e pulito, ma manca un livello più profondo di comunicazione. La sezione FAQ è tutta incentrata sulle solite questioni pratiche – spedizioni, pagamenti, resi – e va benissimo così, ma manca completamente uno spazio dove si racconta l’identità del brand in modo più personale. Chi siete? Dove volete andare? Un fiorino!
C’è un blog, sì, ma è fermo dal 2022. Due articoli di lancio e poi silenzio. Sembra messo lì più per dovere che per reale volontà di condividere. E magari a te sembrerà che oggi nessuno abbia voglia di leggere, che tanto bastano le stories su Instagram – ma ti assicuro che una fetta di pubblico che legge ancora c’è. Magari non enorme, ma c’è (eccomi qui).

Anche la pagina Facebook, dopo l’inizio scoppiettante, è stata abbandonata. Non me la sento di biasimare il team: ormai quella piattaforma è diventata un deserto digitale.
Piuttosto, come mai una volta conquistato il pubblico, tutto questo è stato messo da parte?
Perché limitarsi a pubblicare solo l’essenziale – il lancio, la promo, il sold out – quando si potrebbe coltivare una community che davvero crede nel marchio, non solo nel viso che lo rappresenta?
Martina è una figura centrale, è vero, ed è indubbio che sia una venditrice di talento. Ma se Martina non fosse così tanto social, il brand sopravviverebbe lo stesso? Per me, la risposta è no. Credo che un brand debba avere una personalità che va oltre la figura della sua fondatrice. Mi aspetterei di vedere un’identità aziendale, una caratterizzazione che non si ferma solo a lei, per quanto simpatica e capace sia. Mi piacerebbe sentire parlare di Amabile come un’entità con una sua voce, non solo come il riflesso della sua creatrice.
C’è questa dicotomia interessante. Da un lato si parla tanto di voler creare una connessione con il pubblico, di voler essere più vicini ai follower. Dall’altro, però, mi sembra che ci sia poco spazio per un’interazione vera, a parte i video sui social verticali e gli eventi che, per carità, sono sempre un plus e non un obbligo da parte loro. È che alla fine restano solo contenuti che raccontano poco o niente. Non vedo quel tipo di dialogo profondo, quell’autenticità che potrebbe davvero creare una relazione duratura con chi segue il brand.
Sento già i fan sfegatati che contestano la mia riflessione dicendo: “Eh, ma gli altri brand famosi mica hanno un rapporto affettivo con i follower, eppure vanno benissimo lo stesso”. C’è una differenza tra essere un gigante del settore e un brand in via di sviluppo che cerca di costruirsi una comunità di persone reali e appassionate. Non si tratta di instaurare necessariamente un rapporto affettivo come quello che potrebbe esserci con un amico, è ovvio, ma almeno di cercare un dialogo che vada oltre il mero scambio commerciale.
Quest’assenza di dialogo, per esperienza personale, è ravvisabile nel modo in cui si gestiscono i clienti.
Spesso mi sono sentita poco calcolata, prima perché c’era poco personale e adesso perché Amabile cresce e tu diventi un numero come tutti gli altri. Mi è successo più di una volta di restare in attesa a lungo per questioni urgenti, senza ricevere risposta tempestiva. A volte anche i messaggi privati o i commenti su Instagram sono rimasti lì, sospesi nel vuoto. E non parliamo di quando hanno cambiato provider per il sito: so per certo di non essere stata l’unica a perdere sconti perché disattivati proprio da quel periodo. Cioè, io i soldi te li do anche volentieri, ma un minimo di attenzione in cambio non guasterebbe.
Ho comunque da subito apprezzato l’informalità delle conversazioni, che mi ha dato l’idea di parlare con un brand svecchiato, ma a volte ho avuto la sensazione di non trovarmi di fronte delle persone preparate a dovere. Non so se sia questione d’età o di poca esperienza, ma spero ci siano stati miglioramenti anche in questo ambito.
Legata al servizio clienti, c’è la questione dei resi, che è una cosa a cui presto sempre moltissima attenzione ogni volta che faccio acquisti online.
Siamo messi così così.

In pratica c’è il classico modulo da compilare, a meno che non ti vengano date istruzioni diverse, e la spedizione te la organizzi tu. Confermo che i soldi della spedizione ti verranno rimborsati interamente, basta inviare la ricevuta di pagamento.
Se capita di ricevere un prodotto difettoso o del colore sbagliato, la procedura rimane la stessa salvo dover inserire nel pacco una nota con i dettagli che ti verranno chiesti via mail.
Insomma, scordati quei resi in cui impacchetti tutto, compili un form online, smolli il pacco a un punto di ritiro qualsiasi e via.
Per quanto riguarda la spedizione, all’inizio qualche intoppo c’è stato – colpa dei corrieri GLS, che in certe città sembrano avere un GPS tutto loro – ma adesso sono diventati una scheggia. A me, di solito, spedisce il pacco oggi e arriva domani.
L’unico neo? La soglia per la spedizione gratuita è a 100€, altrimenti sono 6,90€ di spedizione. Non è proprio un invito all’acquisto impulsivo, ma c’è decisamente di peggio.
Tornando ai prodotti: non posso dire che siano rivoluzionari sul mercato, però non sono neanche fuffa. La qualità c’è, e si vede, dire che i gioielli non valgono nulla è una sparata bella grossa.
Non stiamo parlando di diamanti incastonati nell’oro 24K, ma neanche delle cinesate senza senso che girano in certi haul. Anzi, un giorno magari ne prendo una di quelle e vediamo se davvero fanno la stessa figura a un terzo del prezzo. Se ti va, suggeriscimi quali provare.
Martina, dal canto suo, è oggettivamente bravissima nel suo mestiere e sa parlare al suo pubblico.
Ci sarebbero anche altre cose di cui discutere: strategie di marketing, collaborazioni benefiche, i lanci limited edition… Ne parliamo un’altra volta, magari nel prossimo articolo.
Qui sotto ti lascio qualche recensione sui pezzi che ho acquistato nel tempo.
Così, se ti stai chiedendo “ma saranno belli solo su Instagram?”, almeno avrai un parere spassionato da chi li ha comprati coi propri soldi e soprattutto testati sul campo.